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CHIRURGIA RICOSTRUTTIVA ARTICOLARE

Trattamenti Biologici – Mini-Invasivisi - Artroscopici
La chirurgia non rappresenta quasi mai la prima scelta nel trattamento dell’artrosi di ginocchio. Come abbiamo visto è possibile mettere in campo tutta una serie di trattamenti farmacologici, fisici e fisioterapici atti a diminuire la sintomatologia dolorosa e migliorare la mobilità articolare. Tuttavia queste opzioni rappresentano spesso dei palliativi non in grado di risolvere la malattia alla base del problema, ma capaci solo di alleviare la condizione di sofferenza del paziente. Le soluzioni terapeutiche chirurgiche sono molte e differenti: è possibile dividere i trattamenti chirurgici in due gruppi quelli non protesici (artroscopici e non) e quelli protesici. I trattamenti non protesici o biologici si pongono come obiettivo quello di riparare le strutture articolari danneggiate. È bene precisare che l’efficacia clinica delle varie tecniche chirurgiche dipende strettamente dal tipo di danno cartilagineo (estensione, localizzazione, profondità e presenza di eventuali lesioni associate meniscali o legamentose) e dalle caratteristiche individuali dei pazienti (età, peso, livello di attività, allineamento femoro-tibiale varo o valgo). Compito dello Specialista è decidere sulla base dell’esame clinico e degli esami diagnostici quale sia il tipo di trattamento chirurgico più adatto al singolo paziente, adottando una strategia quanto più possibile personalizzata che possa soddisfare a pieno le esigenze del singolo. Esiste un momento ideale per ognuna delle differenti opzioni chirurgiche così come ne esistono altri in cui non sono più praticabili. È per questo che la chirurgia deve essere vista come un’opportunità da parte del paziente e non come una condanna.

Chirurgia biologica-riparativa: si avvale oltre che di tecniche artroscopiche per la riparazione dei menischi, dei legamenti o della cartilagine articolare anche di tecniche di correzione di eventuali deformità in varismo o valgismo. L’obiettivo è quello, con un solo intervento chirurgico, di correggere i fattori meccanici (ossei, meniscali e/o legamentosi) che hanno determinato il malfunzionamento dell’articolazione ed allo stesso tempo di indurre una riparazione biologica delle lesioni cartilaginee secondarie con tecniche cellulari di recente introduzione nella pratica clinica. In particolare si è dimostrato efficace l’utilizzo delle cellule mesenchimali totipotenti di derivazione dal pannicolo adiposo che possono essere facilmente prelevate e processate durante lo stesso intervento senza necessità di tempi secondari dovuti a lavorazioni esterne. Le tecniche chirurgiche biologiche di correzione/riparazione generalmente richiedono un ricovero breve, si tratta di un “day hospital” o al massimo di un ricovero di una notte, possono richiedere una convalescenza durante la quale è necessario fare della fisioterapia, ma consentono di “risanare” la propria articolazione senza doverla sostituire in parte o del tutto.

Il trattamento dipende dal danno


Nei pazienti con patologia degenerativa-artrosica del ginocchio il danno articolare può riguardare la cartilagine, i menischi, i legamenti e
l’osso sub-condrale (quello cioè immediatamente al di sotto della cartilagine).

I menischi sono dei cuscinetti di cartilagine fibrosa che si trovano sulla porzione mediale e laterale del piatto tibiale. Il menisco mediale è simile a una mezzaluna o a una C, mentre quello laterale ha un aspetto più circolare. Hanno il compito di proteggere l'articolazione del ginocchio ammortizzando il peso del corpo ripartendolo uniformemente su tutta la superficie articolare (evitano quindi che il peso del corpo si concentri in un’area limitata), inoltre aiutano i legamenti a stabilizzare l'articolazione. Possono danneggiarsi a qualsiasi età, in diversi modi e per cause diverse; le persone giovani, sportive sono soggette a traumi in torsione brusca del ginocchio e spesso ne consegue la lesione del menisco interno (quello meno mobile). Con l'età il menisco inizia a degenerare diventando meno elastico e la lesione può determinarsi anche per un semplice movimento come accovacciarsi o inginocchiarsi.

La cartilagine è un tessuto fondamentale per le articolazioni perché garantisce un perfetto scorrimento dei capi articolari ed una corretta distribuzione dei carichi sull’osso sottostante. La cartilagine del ginocchio ricopre la superficie inferiore del femore, la superficie superiore della tibia e la superficie interna della rotula. La cartilagine del ginocchio può essere di tipo fibroso (di colore biancastro, è particolarmente resistente alle sollecitazioni meccaniche), o di tipo ialino (liscia, flessibile e di colore bianco-bluastro) in funzione dei compiti che deve svolgere. La cartilagine non è vascolarizzata, la maggior parte dei nutrienti di cui ha bisogno provengono dal liquido sinoviale attraverso un meccanismo di diffusione ed è per questo che la sua capacità di rigenerazione è molto limitata.

I legamenti possono essere periferici come i legamenti collaterali mediale e laterale o centrali come i due legamenti crociati anteriore e posteriore; la loro principale funzione è quella di guidare in modo corretto il movimento dell’articolazione (azione cinematica), di consentire una equilibrata distribuzione delle forze di carico sulla superficie articolare (funzione biomeccanica) e di inviare al sistema nervoso informazioni relative alla posizione del ginocchio nello spazio (ruolo propriocettivo) per stimolare una risposta muscolare coordinata ed efficace. I legamenti possono essere lesionati da un trauma oppure usurati dai processi degenerativo-artrosici.

L’osso sub-condrale è quella porzione dell’osso del femore e della tibia immediatamente al di sotto della cartilagine articolare, ha un’architettura alveolare formata da una fitta maglia di trabecole funzionale alla dissipazione dei carichi e ad un ottimale trasmissione delle forze dalla tibia al femore. L’osso sub-condrale può essere sede di infiammazione (edema) o vere e proprie microfratture a causa di traumi (cadute), microtraumi ripetuti o condizioni di sovraccarico (specie in soggetti anche giovani ma obesi o con significate deviazioni dell’asse o con insufficienza meniscale o runners) o sofferenze vascolari ed in questo caso si parla di osteonecrosi (soprattutto in pazienti anziani).

I diversi trattamenti chirurgici, prevalentemente in artroscopia, quindi con tecnica mini-invasiva “senza taglio”, possono essere mirati alla riparazione di una singola componente articolare danneggiata causa della sintomatologia, ad esempio il menisco, ma spesso possono riguardare più strutture quando contemporaneamente coinvolte, senza dimenticare di correggere eventuali fattori alla base della progressione del danno articolare (deviazioni dell’asse femoro-tibiale, instabilità della rotula o insufficienze legamentose). Importante è il “timing” dell’intervento chirurgico poiché questo risulta tanto più efficace quanto più precocemente si interviene.

CHIRURGIA RICOSTRUTTIVA ARTICOLARE

Trattamenti Biologici – Mini-Invasivisi - Artroscopici
La chirurgia non rappresenta quasi mai la prima scelta nel trattamento dell’artrosi di ginocchio. Come abbiamo visto è possibile mettere in campo tutta una serie di trattamenti farmacologici, fisici e fisioterapici atti a diminuire la sintomatologia dolorosa e migliorare la mobilità articolare. Tuttavia queste opzioni rappresentano spesso dei palliativi non in grado di risolvere la malattia alla base del problema, ma capaci solo di alleviare la condizione di sofferenza del paziente. Le soluzioni terapeutiche chirurgiche sono molte e differenti: è possibile dividere i trattamenti chirurgici in due gruppi quelli non protesici (artroscopici e non) e quelli protesici. I trattamenti non protesici o biologici si pongono come obiettivo quello di riparare le strutture articolari danneggiate. È bene precisare che l’efficacia clinica delle varie tecniche chirurgiche dipende strettamente dal tipo di danno cartilagineo (estensione, localizzazione, profondità e presenza di eventuali lesioni associate meniscali o legamentose) e dalle caratteristiche individuali dei pazienti (età, peso, livello di attività, allineamento femoro-tibiale varo o valgo). Compito dello Specialista è decidere sulla base dell’esame clinico e degli esami diagnostici quale sia il tipo di trattamento chirurgico più adatto al singolo paziente, adottando una strategia quanto più possibile personalizzata che possa soddisfare a pieno le esigenze del singolo. Esiste un momento ideale per ognuna delle differenti opzioni chirurgiche così come ne esistono altri in cui non sono più praticabili. È per questo che la chirurgia deve essere vista come un’opportunità da parte del paziente e non come una condanna.

Chirurgia biologica-riparativa: si avvale oltre che di tecniche artroscopiche per la riparazione dei menischi, dei legamenti o della cartilagine articolare anche di tecniche di correzione di eventuali deformità in varismo o valgismo. L’obiettivo è quello, con un solo intervento chirurgico, di correggere i fattori meccanici (ossei, meniscali e/o legamentosi) che hanno determinato il malfunzionamento dell’articolazione ed allo stesso tempo di indurre una riparazione biologica delle lesioni cartilaginee secondarie con tecniche cellulari di recente introduzione nella pratica clinica. In particolare si è dimostrato efficace l’utilizzo delle cellule mesenchimali totipotenti di derivazione dal pannicolo adiposo che possono essere facilmente prelevate e processate durante lo stesso intervento senza necessità di tempi secondari dovuti a lavorazioni esterne. Le tecniche chirurgiche biologiche di correzione/riparazione generalmente richiedono un ricovero breve, si tratta di un “day hospital” o al massimo di un ricovero di una notte, possono richiedere una convalescenza durante la quale è necessario fare della fisioterapia, ma consentono di “risanare” la propria articolazione senza doverla sostituire in parte o del tutto.

Il trattamento dipende dal danno


Nei pazienti con patologia degenerativa-artrosica del ginocchio il danno articolare può riguardare la cartilagine, i menischi, i legamenti e
l’osso sub-condrale (quello cioè immediatamente al di sotto della cartilagine).

I menischi sono dei cuscinetti di cartilagine fibrosa che si trovano sulla porzione mediale e laterale del piatto tibiale. Il menisco mediale è simile a una mezzaluna o a una C, mentre quello laterale ha un aspetto più circolare. Hanno il compito di proteggere l'articolazione del ginocchio ammortizzando il peso del corpo ripartendolo uniformemente su tutta la superficie articolare (evitano quindi che il peso del corpo si concentri in un’area limitata), inoltre aiutano i legamenti a stabilizzare l'articolazione. Possono danneggiarsi a qualsiasi età, in diversi modi e per cause diverse; le persone giovani, sportive sono soggette a traumi in torsione brusca del ginocchio e spesso ne consegue la lesione del menisco interno (quello meno mobile). Con l'età il menisco inizia a degenerare diventando meno elastico e la lesione può determinarsi anche per un semplice movimento come accovacciarsi o inginocchiarsi.

La cartilagine è un tessuto fondamentale per le articolazioni perché garantisce un perfetto scorrimento dei capi articolari ed una corretta distribuzione dei carichi sull’osso sottostante. La cartilagine del ginocchio ricopre la superficie inferiore del femore, la superficie superiore della tibia e la superficie interna della rotula. La cartilagine del ginocchio può essere di tipo fibroso (di colore biancastro, è particolarmente resistente alle sollecitazioni meccaniche), o di tipo ialino (liscia, flessibile e di colore bianco-bluastro) in funzione dei compiti che deve svolgere. La cartilagine non è vascolarizzata, la maggior parte dei nutrienti di cui ha bisogno provengono dal liquido sinoviale attraverso un meccanismo di diffusione ed è per questo che la sua capacità di rigenerazione è molto limitata.

I legamenti possono essere periferici come i legamenti collaterali mediale e laterale o centrali come i due legamenti crociati anteriore e posteriore; la loro principale funzione è quella di guidare in modo corretto il movimento dell’articolazione (azione cinematica), di consentire una equilibrata distribuzione delle forze di carico sulla superficie articolare (funzione biomeccanica) e di inviare al sistema nervoso informazioni relative alla posizione del ginocchio nello spazio (ruolo propriocettivo) per stimolare una risposta muscolare coordinata ed efficace. I legamenti possono essere lesionati da un trauma oppure usurati dai processi degenerativo-artrosici.

L’osso sub-condrale è quella porzione dell’osso del femore e della tibia immediatamente al di sotto della cartilagine articolare, ha un’architettura alveolare formata da una fitta maglia di trabecole funzionale alla dissipazione dei carichi e ad un ottimale trasmissione delle forze dalla tibia al femore. L’osso sub-condrale può essere sede di infiammazione (edema) o vere e proprie microfratture a causa di traumi (cadute), microtraumi ripetuti o condizioni di sovraccarico (specie in soggetti anche giovani ma obesi o con significate deviazioni dell’asse o con insufficienza meniscale o runners) o sofferenze vascolari ed in questo caso si parla di osteonecrosi (soprattutto in pazienti anziani).

I diversi trattamenti chirurgici, prevalentemente in artroscopia, quindi con tecnica mini-invasiva “senza taglio”, possono essere mirati alla riparazione di una singola componente articolare danneggiata causa della sintomatologia, ad esempio il menisco, ma spesso possono riguardare più strutture quando contemporaneamente coinvolte, senza dimenticare di correggere eventuali fattori alla base della progressione del danno articolare (deviazioni dell’asse femoro-tibiale, instabilità della rotula o insufficienze legamentose). Importante è il “timing” dell’intervento chirurgico poiché questo risulta tanto più efficace quanto più precocemente si interviene.

I trattamenti artroscopici



Chirurgia meniscale
A seconda del tipo, della estensione della lesione e dell'età del paziente l'intervento in artroscopia può consistere nella meniscectomia selettiva (asportazione della parte di menisco lesionata lasciando in sede la parte sana) o nella riparazione della lesione con tecniche particolari di sutura. La tendenza attuale è cercare di riparare le lesioni meniscali nei pazienti giovani in particolare quando queste sono di natura traumatica, recenti e associate ad una rottura del legamento crociato anteriore; più recentemente si sono inoltre sviluppate tecniche artroscopiche di riparazione delle radici meniscali aree cruciali per un corretto funzionamento dei menischi (lesioni che possono determinarsi anche a seguito di traumi minori in condizioni di iniziale artrosi in soggetti sportivi di mezz’età e che possono essere diagnosticate con un esame RMN del ginocchio). La riabilitazione dopo l’intervento è più rapida se la parte di menisco lesionata viene rimossa chirurgicamente. Il paziente è solitamente in grado di camminare già dopo uno o due giorni dall’intervento e può ritornare alle normali attività dopo qualche settimana (2-4 settimane in rapporto all’entità e alla localizzazione della lesione). La riabilitazione è invece più lunga se il menisco viene riparato o se si procede alla reinserzione delle radici meniscali, in questo caso si dovrà camminare con l’ausilio di una ginocchiera e non si potrà concedere il carico completo per almeno 30 giorni.

Chirurgia legamentosa
Le lesioni legamentose, in particolare la più comune, la rottura del legamento crociato anteriore, sono una patologia del ginocchio molto frequente nelle persone che praticano sport ad alto impatto fisico come il calcio, il basket, il volley o lo sci. Mentre fino a pochi anni fa l’indicazione alla ricostruzione chirurgica del legamento era limitata alle persone giovani oggi le indicazioni si sono molto allargate in quanto anche persone di una certa età che praticano sport e che quindi hanno un’esigenza funzionale importante, possono sottoporsi a questo intervento per mantenere una soddisfacente stabilità articolare ed anche con la finalità di preservare il ginocchio da una possibile precoce artrosi post-traumatica. La ricostruzione dei legamenti crociati può avvenire attraverso l’utilizzo di alcuni tendini del proprio ginocchio, come la porzione centrale del tendine rotuleo o i tendini flessori mediali (semitendinoso e gracile), oppure più raramente soprattutto in caso di instabilità multiple, quando sono lesionati contemporaneamente due o più legamenti, o di re-intervento per fallimento di una prima ricostruzione legamentosa, ricorrendo ad innesti tendinei omologhi provenienti dalla “banca dell’osso”. In artroscopia si realizzano dei tunnel ossei nella tibia e nel femore in corrispondenza dei punti di inserzione anatomici del legamento all’interno dei quali viene posizionato l’innesto opportunamente sagomato che viene fissato stabilmente all’osso per consentire una riabilitazione precoce con concessione del carico quasi immediata. Il tendine utilizzato per ricostruire il legamento si integra prima nell’osso e poi si trasforma strutturalmente per acquisirne le proprietà biomeccaniche originarie arrivando ad assomigliare in tutto al legamento nativo. L’intervento viene effettuato in regime di Day Hospital o con ricovero di una sola notte, si consiglia di utilizzare due bastoni canadesi per le prime 2-3 settimane, bisogna seguire un programma riabilitativo specifico assistiti da un fisioterapista per 1-2 mesi. A distanza di 30 giorni dall’intervento il paziente potrà guidare l’automobile, deambulare senza tutore, e riprendere l’attività lavorativa. Dal 60° giorno fino al 6° mese è possibile riprendere un’attività sportiva controllata fino al completo recupero.

Chirurgia della cartilagine articolare
Debridement e shaving condrale Il debridement artroscopico, comunemente chiamato “pulizia articolare”, consiste nell’asportazione dei frammenti cartilaginei mobili o instabili e nella regolarizzazione perimetrale delle lesioni cartilaginee presenti per ridurre la risposta infiammatoria della membrana sinoviale alla presenza di questi detriti da usura e per contrastare l’ulteriore sfaldamento cartilagineo in corso. Questa procedura si realizza con uno shaver (una sorta di “fresetta aspirante”), o con una sonda a radiofrequenze che introdotte dal portale artroscopico, rimuovono lo strato più superficiale della cartilagine articolare danneggiata e se i margini delle lesioni appaiono poco stabili permettono l’asportazione dei margini patologici fino ad ottenerne uno stabile. Il debridement e lo shaving condrale nella maggior parte dei casi vengono utilizzati in associazione ad altre tecniche chirurgiche come le microperforazioni, la meniscectomia, o l’innesto di cellule mesenchimali.

Microperforazioni o microfratture
La tecnica con microfratture sfrutta il potenziale rigenerativo delle cellule mesenchimali che si trovano all’interno del midollo osseo subito al di sotto dell’osso subcondrale (il termine osso subcondrale identifica lo strato osseo sottostante la cartilagine). Si può effettuare in caso di lesioni cartilaginee profonde (di grado III o IV sec. Outerbrige quelle cioè che si estendono a tutto spessore fino ad esporre l’osso stesso). Questa tecnica si basa sull’utilizzo in artroscopia di una sorta di piccolo punteruolo angolato che attraverso una pressione manuale crea dei fori con una profondità di circa 2-4 mm. Il numero dei fori dipende dal diametro della lesione cartilaginea, di solito si mantiene una distanza di circa 3-4 mm tra loro.
L’intervento viene effettuato come Day Hospital e la concessione del carico nel periodo post-operatorio dipenderà dall’estensione e dalla sede dell’area trattata e dal numero delle microfratture, la deambulazione dovrà sarà effettuata con l’ausilio di stampelle per un periodo che può variare dalle 2 alle 6 settimane. Il programma di riabilitazione è finalizzato a promuovere l'ambiente fisico ideale in cui le cellule staminali mesenchimali appena reclutate dal midollo possano differenziarsi in linee cellulari articolari simili alla cartilagine nativa.
Utilizzo delle cellule staminali mesenchimali
Le cellule staminali mesenchimali (MSC) sono cellule non specializzate, che possono trasformarsi in tipi diversi di cellule del corpo, hanno dimostrato una buona capacità nel differenziarsi in condrociti e un effetto benefico dei loro materiali bioattivi secreti. Grazie a loro è possibile stimolare la ricrescita di tessuti danneggiati, anche quando i danni sono irreversibili. Alla luce di queste recenti scoperte l’utilizzo delle MSC è in grado di migliorare il processo di rimodellamento della cartilagine articolare innescando un processo di autoguarigione con una naturale ricrescita biologica del tessuto, senza ricorrere a materiali sintetici esterni. Le MSC possono essere prelevate dallo stesso paziente, sia dal midollo osseo che dal tessuto adiposo e dopo un particolare trattamento di purificazione, vengono iniettate nell’articolazione danneggiata (innesto autologo). Alcune recenti ricerche (Centeno et al., 2008) hanno dimostrato che il tessuto adiposo contiene molte più cellule mesenchimali rispetto al midollo osseo. L’adipe è una fonte facilmente accessibile e abbondante di cellule staminali adulte con alto potenziale rigenerativo. Il loro prelievo ed il successivo innesto nello spazio articolare sotto guida artroscopica avvengono in un unico tempo operatorio della durata di circa 30 minuti. Dopo l’anestesia locale, il chirurgo effettua una piccola incisione nella zona addominale e procede con la lipoaspirazione del grasso. Il tessuto prelevato viene processato attraverso un apposito kit monouso eliminando gli adipociti (le cellule del grasso) ed ottenendo un concentrato di cellule mesenchimali pronte per essere iniettate al paziente da cui sono state prelevate. Altre tecniche chirurgiche posso essere utilizzate in associazione all’innesto di cellule staminali mesenchimali come la meniscectomia selettiva o la riparazione meniscale, le microperforazioni, il debridement e lo shaving condrale sempre in artroscopia del ginocchio.

Per quanto riguarda il recupero post-operatorio si consiglia ai pazienti un periodo di scarico per circa 4 settimane e l’utilizzo di alcuni presidi che si sono dimostrati utili nel favorire una riparazione/rigenerazione delle lesioni cartilaginee come i sistemi di mobilizzazione passiva del ginocchio (es. Kinetec) che favoriscono la diffusione di nutrienti in un tessuto che ricordiamo non essere vascolarizzato oppure i sistemi di emissione di campi elettromagnetici pulsati da utilizzare per 4-6 ore al giorno (anche durante le ore notturne).
Le osteotomie nelle deformità degli arti Inferiori (ginocchio valgo, varo)
Le deformità dell’asse di carico dell’arto inferiore sono particolarmente evidenti al ginocchio, fulcro centrale dell’arto inferiore. L’asse di carico origina dal centro della testa del femore e termina al centro della caviglia, e in condizioni normali passa al centro del ginocchio. Numerosi fattori, congeniti o acquisiti possono influenzare la posizione di questo asse, spostandolo lateralmente (condizione di valgismo) o medialmente (varismo). Il concentrarsi del carico su un singolo compartimento del ginocchio, quindi la distribuzione ineguale dei carichi fra porzione mediale e laterale, comporta un accelerato processo degenerativo della cartilagine di quel compartimento, nonché un possibile sovraccarico dell’osso sub-condrale. Questo quadro può esitare in una usura localizzata e progressiva della cartilagine del ginocchio, che comporta dolore e limitazione delle capacità funzionali.

L’intervento di osteotomia
L’intervento di osteotomia correttiva del ginocchio consiste nel modificare l’asse in uno o più punti delle ossa che formano il ginocchio per correggere le deformità che alterano la corretta funzione dell’articolazione (la parola “osteotomia” deriva dal greco e significa “taglio dell’osso”). La correzione precoce delle deformità in varo (ginocchia “a parentesi”) o in valgo (ginocchia ad “X”) nella cura delle forme iniziali di artrosi rimane l’indicazione principale per un’osteotomia di ginocchio.
Il candidato ideale per una osteotomia è un paziente di mezza età (40-60 anni) non sovrappeso, non fumatore, affetto da un’artrosi da sovraccarico del compartimento mediale o laterale con l’opposto sano, insorta su una deviazione assiale pura o su lesioni post-traumatiche (postumi di meniscectomie, fratture extra-articolari, lassità croniche).

Osteotomia distale di femore
Le osteotomie distali del femore sono generalmente effettuate per correggere il ginocchio valgo. Vengono generalmente realizzate attraverso un accesso chirurgico laterale e si adopera per stabilizzare la correzione un sistema di osteosintesi rigido (placca e viti).
Le osteotomie nelle deformità degli arti Inferiori (ginocchio valgo, varo)
Le deformità dell’asse di carico dell’arto inferiore sono particolarmente evidenti al ginocchio, fulcro centrale dell’arto inferiore. L’asse di carico origina dal centro della testa del femore e termina al centro della caviglia, e in condizioni normali passa al centro del ginocchio. Numerosi fattori, congeniti o acquisiti possono influenzare la posizione di questo asse, spostandolo lateralmente (condizione di valgismo) o medialmente (varismo). Il concentrarsi del carico su un singolo compartimento del ginocchio, quindi la distribuzione ineguale dei carichi fra porzione mediale e laterale, comporta un accelerato processo degenerativo della cartilagine di quel compartimento, nonché un possibile sovraccarico dell’osso sub-condrale. Questo quadro può esitare in una usura localizzata e progressiva della cartilagine del ginocchio, che comporta dolore e limitazione delle capacità funzionali.

L’intervento di osteotomia
L’intervento di osteotomia correttiva del ginocchio consiste nel modificare l’asse in uno o più punti delle ossa che formano il ginocchio per correggere le deformità che alterano la corretta funzione dell’articolazione (la parola “osteotomia” deriva dal greco e significa “taglio dell’osso”). La correzione precoce delle deformità in varo (ginocchia “a parentesi”) o in valgo (ginocchia ad “X”) nella cura delle forme iniziali di artrosi rimane l’indicazione principale per un’osteotomia di ginocchio.
Il candidato ideale per una osteotomia è un paziente di mezza età (40-60 anni) non sovrappeso, non fumatore, affetto da un’artrosi da sovraccarico del compartimento mediale o laterale con l’opposto sano, insorta su una deviazione assiale pura o su lesioni post-traumatiche (postumi di meniscectomie, fratture extra-articolari, lassità croniche).

Osteotomia distale di femore
Le osteotomie distali del femore sono generalmente effettuate per correggere il ginocchio valgo. Vengono generalmente realizzate attraverso un accesso chirurgico laterale e si adopera per stabilizzare la correzione un sistema di osteosintesi rigido (placca e viti).
Osteotomia prossimale di tibia
Nella pratica clinica la deformità più frequente a carico dell’arto inferiore è il ginocchio varo. In questa condizione le forze di carico tra le superfici articolari del femore e della tibia si distribuiranno in maniera non uniforme creando un sovraccarico nel compartimento interno. Nell’osteotomia di addizione tibiale, una piccola incisione viene effettuata nella parte inferiore del ginocchio. Il grado di correzione è calcolato in base alla deformità iniziale valutata con una radiografia preoperatoria. Una placca metallica permette poi il mantenimento della correzione ottenuta. Il difetto osseo che si si ottiene con la correzione viene colmato con sostituti dell’osso opportunamente sagomati per favorirne la guarigione. L’intervento dura circa un’ora e viene eseguito durante un ricovero ospedaliero che dura 1- 2 giorni. Il dolore dopo l’intervento, solitamente lieve-moderato, può essere facilmente controllato con antidolorifici.
Dopo l’intervento di osteotomia correttiva di ginocchio l’arto operato viene tutelato per circa 4 settimane con tutore in estensione da mantenere solo durante la deambulazione che è possibile con due bastoni canadesi concedendo un carico sfiorante. In questo periodo è possibile flettere ed estendere liberamente il ginocchio. Dopo un mese viene concesso progressivamente il carico e si inizia un programma fisioterapico mirato al rinforzo muscolare. Il recupero completo avviene a circa 2 mesi dall’intervento.

Insieme è meglio !
Molti autori suggeriscono l’associazione di procedure di riparazione cartilaginea all’osteotomia con l'obiettivo di migliorarne i risultati a lungo termine. Diversi articoli scientifici (Spahn G et all 2007, Joshua D. Harris et all. 2013) dimostrano come l’utilizzo combinato delle due tecniche chirurgiche comporti migliori risultati clinici ed una minor probabilità di essere sottoposti a nuovo intervento chirurgico (sopravvivenza significativamente maggiore, pari al 97,7%, per osteotomia associata a chirurgia biologica della cartilagine articolare rispetto all’utilizzo isolato di una delle due tecniche).